STORIE A QUATTRO ZAMPE

8 09 2013

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Riprendono le comunicazioni. Isotta è diventata un bassethound adulto di tre anni, testone e adorabile come tutti i rappresentanti della sua razza.  Adora dormire al sole, camminare in campagna e la pasta. E continua a farmi diventare matto. Riprendo il blog, come già fatto altre volte, dandogli però un taglio particolare: fanali puntati sui cani, non solo Isotta, ma visti da uno come me, lontano anni luce dal mondo dei cinofili provetti, dagli standard delle razze, dalle qualità estetiche. Del cane mi attraggono altre cose: il carattere, l’istinto, la capacità di apprendere, la voglia di stare assieme. E, soprattutto, considerata la mia professione, adoro le loro storie. E vorrei proprio che questo blog diventasse un posto di storie a quattro zampe. E anche di Storia: il nostro fedele amico ci ha accompagnato nel corso dei secoli. Sempre accanto, anche quando non ce lo saremmo meritato. Ed è bello guardarsi indietro e vedere le strada percorsa assieme.





ISOTTA E I SOGNI

11 12 2012

Isotta

I cani sognano? Direi di sì. Ci sono vari libri sull’attività celebrale canina, ma sinceramente basta osservare i nostri amici a quattro zampe mentre poltriscono in cuccia o sul loro cuscino per non avere più dubbi. Sognano, di certo. Isotta a volte, quando dorme, ringhia: il russare si trasforma piano, piano in un verso molto più affilato, glaciale. Poi sfocia in un ringhio vero, di quelli che in genere riserva ai gatti che si avvicinano alla sua ciotola o al povero Brutalino quando vuole ribadire chi è che comanda. Ma lo fa senza mai aprire gli occhi o muovere un solo muscolo.

Altre volte scodinzola. E’ tranquilla, rilassata, immersa in qualcosa di dolce e profondo. All’improvviso muove la coda felice, come quando uno di noi torna a casa e lei lo saluta con trasporto, quasi non ci vedesse da giorni e non da qualche ora. Altre volte ulula. E’ capitato l’altra notte.

Viste le temperature di questi giorni la facciamo dormire dentro casa. Di sera ci segue in camera e si mette tranquilla sul suo cuscino ai piedi del letto. Non accade mai niente, tranne qualche risveglio un po’ troppo anticipato rispetto alle mie abitudini (noi giornalisti la mattina dormiamo, salvo impegni, un po’ di più…), in genere verso le sei e mezza. Ma non domenica scorsa. Non erano nemmeno le cinque quando dal fondo della stanza il lento russare di Isotta si interrompe e si trasforma in un debole lamento. Ancora non mi sveglio, ma il lamento cresce d’intensità fino a esplodere in un ululato lacerante, potente, da lupo nella steppa. Faccio un balzo, mi ritrovo seduto sul letto e accendo la luce: “Isotta! Cosa succede?”, dico come se veramente mi potesse rispondere. Lei mi guarda un po’ stupita e poi si rimette comoda, acciambellata, a dormire quasi seccata di essere stata sottratta a viva forza dal suo sonno profondo. Lei. Sono ancora mezzo rintronato dal brusco risveglio quando mi giro verso la mia dolce metà. Serafica commenta: “Pensavo fossi tu”. Però, grazie mille….





QUALCHE ISSIMO DI TROPPO

23 11 2012

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Giorno libero, sole, temperatura accettabile per essere fine novembre. Quale occasione migliore per fare una bella passeggiata con Isotta? Lei capisce subito che la giornata butta bene. Non mi ha visto prendere l’auto come al solito. Da sotto l’albero dove si gode il sole distesa come una leonessa nella savana, mi osserva mentre con tutta tranquillità esco di casa, chiudo la porta. Poi mi avvicino all’armadietto dove teniamo guinzaglio e tutte le sue cose e scatta in piedi. Inizia a intuire. La guardo sorridente e le dico: “Andiamo!”. E’ il segnale convenuto. Lei schizza verso di me con un’agilità insolita per un bassethound, si fa mettere il guinzaglio e poi felice si dirige verso l’auto, aspetta che le apra lo sportellone e la carichi dentro (non ci salta, al massimo si mette in piedi sulle zampe: anche se atletica è pur sempre un bassehound). Si parte.

La voglio portare per la prima volta nell’area di sgambatura per cani del comune. Nome un po’ pomposo per indicare l’unico parco della città dove è possibile liberare i nostri amici senza che corrano alcun pericolo.

Quando varchiamo il cancelletto ci sono già un grosso pastore tedesco maschio, tanto grande quanto riservato, un vecchio meticcio con le zampe anteriori praticamente bloccate amorevolmente seguito dalla sua padrona, un Boston terrier (bel cagnolino con muso e orecchie del tutto simili al bouldogue francese ma più piccolino e smilzo) e un staffordshire bull terrier femmina. Attorno due ragazzi e due ragazze, i proprietari.

Il giovane con la tuta grigia, il giubbotto blu, accenno di cresta in testa e l’orecchino è il padrone della staffordshire. Gioca con la sua cagnolina: le lancia un bastone, la palla, le parla, la coccola. Lei risponde sempre felice. Isotta, come la solito, va da tutti: dai bipedi in cerca di carezze, dai quadrupedi per annusare, verificare, giocare. E’ bello, mi piace e Isotta sembra proprio contenta. Fino a quando la staffordshire si ricorda per cosa la sua razza è nata: combattere. Senza alcun preavviso, senza un ringhio, senza un minimo avvertimento, senza niente, si avventa su Isotta come un fulmine. Punta alla gola, si ferma al labbro pendente. Lo azzanna con tutte le sue forze mentre Isotta si lamenta terrorizzata. Sinceramente una scena raccapricciante.

Ci avventiamo in quattro sui due cani: tento di liberare Isotta, ma quella cagnetta di massimo dieci chili ha una forza incredibile. Le ragazze urlano, il padrone le da pugni in testa, l’altro la tira per le zampe: niente. La cagnetta rimane appesa, mascella serrata, sguardo vitreo. Il suo istinto le dice di non mollare e non molla. Intanto il sangue cola a fiotti dalla bocca di Isotta e non so che fare, mi sento impotente e disperato. In due tentiamo di aprire a forza quel morso d’acciaio simile a una tagliola, alla fine si arrende ma saranno passati tre-quattro minuti di puro orrore. Isotta più che spaventata è sbigottita: in due anni e mezzo di vita mai le era capitata una cosa del genere. Ha il muso sporco di sangue, le cola fin sulle zampe. Il labbro ha un buco evidente, lei si lecca in continuazione. Intanto l’altra viene portata lontano e tutti i cani presenti messi al guinzaglio.

“Mi scusi, mi scusi tanto – fa il giovane in evidente imbarazzo – non si preoccupi, se va dal veterinario copro tutto io”. “Credo bene”, penso tra me e me. Non ho nemmeno la forza di pronunciare una parola. L’unica cosa che mi interesse è Isotta, capire come sta. E’ sicuramente scossa e, sangue a parte, mi sembra tutto a posto. La porto via.

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A casa, in attesa della visita dal veterinario, cerco qualche notizia sullo staffordshire bull terrier. Su un libro trovo questa descrizione: “E’ un cane dolcissimo, equilibratissimo, che vive in perenne adorazione del padrone e gradirebbe anche vivergli in braccio dal mattino alla sera. E’ un compagno affidabilissimo per i bambini. Il suo passato da combattente è completamente dimenticato, tant’è vero che un cucciolo ben socializzato diventa amichevole anche verso i conspecifici: solo se provocato può reagire…e in tal caso bisogna intervenire prontamente perché la sua presa è sempre micidiale. può essere un buon guardiano, ma non bisogna stimolare la sua aggressività”.

Non commento, ma forse c’è qualche “issimo” di troppo.





CIAO “PIPPO”

21 08 2012

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Ciao Pipino, ci mancherai un sacco. Poche parole e già non so più cosa scrivere per un cagnolino che ci ha lasciato dopo 17 anni, famoso per il suo “caratterino”, ferocemente attaccato alla vita e alla sua famiglia. Lo abbiamo accompagnato fino alla fine. Anzi: lui ha accompagnato noi. Mi fermo qui. Prima di chiudere voglio però citare un passaggio del libro “Cani di sangue blu” di Oscar Grazioli. Riporta quanto scritto da Eugene O’Neill, grande drammaturgo americano, alla morte del suo Dalmata Blemie, di cui ha immaginato le ultime volontà prima dell’addio più definitivo che ci sia.

“Ogni volta che mi verrete a trovare pensate con rammarico, ma anche con gioia, alle lunga e felice vita che ho passato con voi. Dite “qui giace uno che ci ha amato e che noi abbiamo amato”. Per quanto profondo sia il mio sonno, io vi ascolterò e per quanto grande sia il potere della morte, non riuscirà a impedirmi di scodinzolare”. 

Ciao Pippo.





A LILLY NON PIACCIONO LE BECCACCE

19 06 2012

Questa è la storia di Lilly (nome di fantasia) una splendida setter inglese di un anno. Ha un pedigree lungo così: nobili origini, razza purissima. E’ nata in un allevamento del coneglianese: bianca e nera, pacioccosa da piccola, leggiadra ed elegante da grande. E’ talmente bella che viene subito adocchiata da una cacciatore della zona. E’ alla ricerca del compagno giusto per la caccia alla beccaccia e il setter, cane da punta per eccellenza, fa esattamente al caso suo. Gira parecchi allevamenti, esamina varie cucciolate, alla fine sceglie lei: Lilly. La cagnetta non aspetta altro: un padrone a cui affezionarsi e con cui andare in giro per le campagna. Anche a cacciare, certo: in fin dei conti il setter quello fa.

All’inizio procede tutto per il meglio. Il cacciatore addestra il suo cane, lo inizia alla pratica venatoria. Tutto sommato gli piace, ma si accorge subito che Lilly ha un grosso difetto: è troppo buona, troppo “coccolosa”. Qualità poco adatte per una cacciatrice: quando si punta una preda non c’è spazio per le smancerie, bisogna avere l’istinto del killer. E Lilly non ce l’ha. Il cacciatore se ne rende conto ogni giorno che passa.

La caccia con i cani da ferma è molto cambiata. Adesso i cacciatori mettono un dispositivo Gps sul collare del loro compagno a quattro zampe e poi lo liberano per i campi o nel folto del bosco. Ne seguono i movimenti attraverso un palmare, quando si accorgono che si è femato lo raggiungono, guardano nella direzione verso cui sta puntando e sparano alla preda. La tecnologia ha tolto alla caccia quel pizzico di romanticismo (se mai ce n’è stato), ha cancellato quel minimo di competizione tra preda e predatore.

Lilly non è fatta per queste cose. Il cacciatore lo capisce dopo innumerevoli tentativi. La lancia sulle tracce di beccacce e affini, guada il palmare per capire dove sta andando ma poi se la vede sempre ritornare indietro. Alla cagnolina le beccacce non interessano. Non le piace stare ferma in posizione di punta. Preferisce di gran lunga prodursi in lunghe sgroppate e poi tornare dal suo padrone per ricevere una carezza, una coccola e, se ci scappa, un bocconcino. Come cane da punta è un vero disastro. ma ha un cuore grande così. Il suo padrone no.

Purtroppo qualche cacciatore (non tutti per fortuna) al posto del cuore ha una pietra. E molto probabilmente anche al posto del cervello. Il personaggio in questione poi spicca per malvagità e ottusità: visto che Lilly non è utile per la caccia, allora non serve a niente. E come ogni cosa che non serve, va buttata, eliminata, cancellata. Decide quindi di ucciderla. C’è poco da stupirsi: in certe zone funziona ancora così. I cani da caccia vivono in gabbie e vengono liberati solo per le battute. Quando diventano vecchi e stanchi la loro sorte è ricevere una pallottola in fronte e finire sotto un paio di metri di terra. Fine. E Lilly sarebbe andata verso questo destino atroce dopo nemmeno un anno di vita, allegra e fiduciosa come sempre.

A sentenza già decisa, interviene un’amica di famiglia. Una donna di animo nobile, guarda negli occhi Lilly e capisce che non può finire in questo modo. Affronta a viso aperto il cacciatore con una pietra al posto del cuore e dice irata: “Cosa fai? Sei impazzito? Perché vuoi ucciderla? Dalla a me che ci penso io”. L’uomo tentenna, nicchia. Non vorrebbe che, poi, quel cane finisse nelle mani di qualche altro rivale in caccia, qualcuno in grado di addestrarlo meglio e di trasformarlo nel predatore che non è. E’ un pensiero comune tra alcuni cacciatori troppo abituati a considerare tutto quello che li circonda come “cose” da usare e gettare. Non è convinto, ma alla fine cede e regala Lilly alla donna.

Per la cagnetta tutto cambia all’improvviso. Si ritrova in una casa nuova, in mezzo a gente che non conosce. Ma è fiduciosa e allegra come sempre. I cani sono così: sempre pronti a darci una seconda possibilità. Però la donna non può tenerla con se, preferisce cederla a un canile. E per Lilly tutto cambia ancora una volta. Ma adesso il suo orizzonte è limitato da una rete, il suo mondo da una ciotola e da una cuccia, non può più correre liberamente ma deve farsi bastare qualche camminata al guinzaglio. Diventa triste, ma non perde la sua indole dolce e giocosa. Chissà perché, ma degli uomini continua a fidarsi.

Passa qualche settimana e al canile arriva una donna. Tre mesi prima ha perso la sua bastardina, morta dopo una vita passata assieme. Un dolore grande, immenso. Ma ha deciso che è ora di colmare il vuoto. Vede Lilly e se ne innamora subito. La sera stessa l’ha già portata a casa. E la vita ricomincia.

Adesso la giovane setter corre spensierata per i campi, felice, incredibilmente attaccata a quella donna che le  ha regalato un dono magnifico. E per giunta non deve più badare alle beccacce. E’ contento anche il marito della signora, un politico locale abituato a fare la voce grossa durante i comizi ma in grado di commuoversi davanti a una coda che scodinzola. A volte le storie hanno veramente un lieto fine.





L’INCREDIBILE GEORGE

26 05 2012

Questa volta il bassethound in questione non è Isotta, faccio un’eccezione per una notizia veramente incredibile.
Parliamo di George, cagnone di due anni, tranquillo e serafico come ogni buon esponente della sua razza. Vive nel West Yorkshire assieme alla sua padroncina Lydia. George è abituato a starsene a casa, tranquillo, in attesa che Lydia torni dal lavoro. Nel frattempo si ingegna su come passare il tempo.

A marzo, così scrive The Sun (http://www.thesun.co.uk/sol/homepage/news/article4222715.ece) decide che per quella giornata non ci sarebbe stato niente di meglio che giocare con il filo del telefono.Tira di qua, mordicchia di la, girati di sù e di giù, fatto sta che a un certo punto si ritrova completamente impigliato e in una situazione talmente difficile da rischiare il soffocamento. Cosa fa l’astuto bassethound? Difficile dirlo con chiarezza, si può solo ipotizzare.
Le notizie certe sono queste.

Alle 18 l’operatore del 999 (numero del pronto intervento inglese) riceve una telefonata. Non ci capisce nulla, sente solo qualcuno ansimare. Pensa subito a un anziano in difficoltà e si dà da fare per individuare da dove arrivi la chiamata. Poi avvisa la Polizia che, nel giro di qualche minuto, manda una pattuglia all’indirizzo corrispondente a quel numero telefonico.
Gli agenti, suonano ma non ricevono risposta. Quindi decidono di entrare forzando la porta. E cosa vedono? George legato come un salame accanto al telefono. L’astuto animale è riuscito, nei suoi disperati tentativi di divincolarsi, a comporre le tre cifre del numero d’emergenza. Una fortuna incredibile.

Ma la cosa ancora più sorprendente è che il telefono in questione è un modello vecchio, di quelli con la rotella. Quindi George per tre volte consecutive è riuscito a infilare un’unghiona nel buchetto giusto. E così si è cavato d’impiccio tra lo stupore generale.

Niente da dire: cose da bassethound. (George lo potete ammirare in foto accanto al telefono che, ormai, non ha più segreti per lui…)





LADRI E CARITA’

2 05 2012

Leggo da una rivista specializzata che l’Alaskan Malamute, cane splendido, primitivo, forse una delle poche razze non eccessivamente manipolate, è talmente di animo nobile e altero da non prodigarsi mai in un’attività in cui i nostri amati quadrupedi sono insuperabili: mendicare un bocconcino. “Lui non chiede, se lo vuole se lo ruba”, così la rivista. L’articolo mi ha strappato un sorriso.

Mi è venuta in mente Isotta, una vera specialista in materia. Non ha alcuna remora nel mendicare, anzi è sempre disposta a barattare un briciolo di dignità con un merendino fuori programma. Di più. Può aver appena mangiato, essere piena come un otre, ma la sola visione di qualcuno che sbocconcella un panino, gusta un gelato o sgranocchia una qualsiasi cosa di commestibile la manda in agitazione. Da brava cagnolina ha imparato che se sta buona e seduta qualcosa ottiene. E quindi mette in atto la sua tattica preferita: seduta davanti al malcapitato, immobile come una statua, occhioni sgranati, espressione tipica da bassetthound alla questua e, tanto per aggiungere un tocco di drammaticità, filo di bava che cola dalla bocca. Come resistere? In genere non si può e il quadrupede vince.

Ma tornando all’Alaskan Malamute – il cane che non deve chiedere mai, che si prende sempre quello che vuole – ritengo che nonostante tutto, gli tocchi arrendersi davanti alla furbizia bassetthounesca (perdono per l’orribile parola). L’Isotta in questione è anche capace di ardite ruberie, scorribande messe a segno con astuzia e abilità. Come quella volta che riuscì a fregare (a me e a chi sennò..) un intero panetto di burro (250 grammi per l’esattezza) lasciato sul ripiano della cucina mentre preparavo un risotto. Eravamo distanti non più di trenta centimetri ma niente, mi ha fatto fesso per poi a scappare in giardino con il bottino ben stretto tra i denti e a quel punto inutilizzabile per qualsiasi tipo di attività umana. Quindi:  mendicante e ladra provetta. Altro che Alaskan….





ACCOGLIENZA REGALE

27 04 2012

Vivere gran parte della giornata accanto a un bassethound ti fa scoprire lati inaspettati della personalità di un cane. Isotta, per esempio, va presa per il suo verso. E’ dolcissima e affettuosissima, ma sa anche dosare perfettamente le sue forze (non dico “pigra” perché quello della pigrizia dei bassthound è un mito da sfatare). Esempio: ormai ha deciso che il suo compito principale è accogliere i membri della famiglia che tornano a casa. A qualsiasi ora del giorno e della notte uno di noi rientri, lei esce dalla cuccia, si avvicina scodinzolando (nel mio caso infila la testa in auto non appena apro la portiera), pretende le giuste attenzioni e poi fa da scorta fino all’ingresso. Non salta un solo passaggio. Ma con delle varianti. Non ha paura della pioggia, però odia le pozzanghere. Quindi: se piove sfida gli elementi per portare a termine la sua missione. Ma evitando accuratamente di bagnarsi le zampotte. E’ uno spettacolo vederla zizzagare tra una pozza d’acqua e l’altra con una maestria e agilità insospettate. E poi: il sole. Se è troppo caldo i parametri dell’accoglienza cambiano. L’uscita dalla cuccia c’è sempre, ma il percorso si arresta fino al limitare dell’ombra, non oltre. Arrivata lì, si piazza seduta e inizia a scodinzolare soddisfatta. Impossibile ignorarla anche se, ogni buon educatore canino, direbbe che un cane non va salutato al rientro a casa per non indurlo nell’errore di credersi il “capo” da omaggiare sempre e comunque. Ma le riflessioni su alcune regole educative me le tengo per i prossimi post. Intanto accarezzo la mia nasona….





ISOTTA E ALTRI QUADRUPEDI

15 04 2012

“Tu parli troppo del tuo cane”. In effetti è vero. Basta guardare il mio profilo Facebook. Da quanto Isotta è entrata in casa il novanta per cento dei post, dei rari post che saltuariamente inserisco, riguardano lei. E anche questo blog, ormai semi abbandonato ma che potrebbe avere ancora qualcosa da dire, parla praticamente solo di lei. E a questo punto ho una mezza idea di farlo diventare monotematico. Un blog dedicato a Isotta, ai bassethound e ai cani. Alla fine è meglio concentrarsi su qualche passione ben precisa piuttosto che divagare. Vediamo cosa ne viene fuori…





“E’ LEI!”

12 04 2011


Domenica pomeriggio. La casa è una bella villetta a due passi da una rotonda piuttosto trafficata. E’ immersa nella tranquillità dell’estate trevigiana. Ai lati del cancello d’ingresso ci sono due piccole statue stilizzate: una è un basethound seduto col naso per aria, l’altra è un gatto di razza Maine Coon, gli enormi felini domestici a pelo lungo. Attorno alla casa un grande giardino ricco di ombra e alberi da frutto. L’atmosfera è serena nonostante una delle strade più trafficate della provincia scorra a pochi metri. Lasciamo l’auto a poca distanza. Nemmeno il tempo di suonare il campanello e veniamo accolti da un gioioso frastuono. Al di là della cancellata, sotto un portico due bassethound ci osservano curiosi. Sono cani adulti, magnifici. Vedendoci entrare, si alzano. Siamo delle curiose novità planate nel loro mondo.

Fatti i primi passi veniamo assaliti da due nasoni che cominciano a frugarci. Del resto il bassethound è così: tutto il suo universo passa per quelle narici spalancate, per quel “tartufo” nero così importante per la sua esistenza. “Vive” di odori.
Quei cani, maschio e femmina, annusandoci freneticamente sembrano dirci: “Benvenuti, chi siete?”. Nemmeno da sottolineare che mi piacciono subito. Ma la curiosità di vedere i cuccioli aumenta. La signora, che si è costruita una robusta fama di allevatrice di Main Coon tra cui un paio di esemplari campioni del mondo, è gentile e appassionata. Negli anni ha scoperto di avere un debole anche per il bassethound, per la sua docilità e la predisposizione ad andare d’accordo con tutti, gatti compresi. E’ quindi entrata in possesso di una coppia di “campioni” con tanto di pedigree a cui, col tempo, ha aggiunto un’altra femmina. Dopo innumerevoli tentativi i primi due hanno finalmente generato una splendida prole.
Ed eccola lì. Entriamo in una grande e luminosa taverna. Al centro c’è un box dove sotto la mamma dormono pacifici sei cuccioli di un mese. Sono splendidi, tutti orecchie e nasoni. Mi sporgo, osservo. E la vedo subito: si muove nella massa dei fratellini, ha un cipiglio che imparerò a conoscere molto bene. E’ bianca e marrone. Sulla testa ha una macchia a forma di saetta. Inconfondibile. La guardo sorridendo. Mi piace come si fa largo per arrivare il più vicino possibile alla mamma. La prendo in braccio e la scintilla scocca subito. Mi lecca debolmente, ma quell’espressione placida, quasi triste, mi conquista. Dentro di me penso: “E’ lei”. La metto per terra e le scatto una foto, la prima. Poi la ripongo accanto alla madre. E’ ancora troppo presto per portarla a casa. Deve imparare a vivere, a stare al mondo. E quei cinque batufoli di fratellini uniti a genitori attenti sono i migliori maestri. “Come la volete chiamare?”. “Il nome? Isotta”, rispondo. Benvenuta.